"Un aggettivo ce l'ho: juventino". Finisce così la lunga intervista concessa da Antonio Conte ad Antonio Barillà del "Corriere dello Sport", tante parole che sprizzano da tutti pori di juventinità. Domani sarà una giornata importante, il classico appuntamento con il venissage di Villar Perosa, un appuntamento che il nuovo tecnico ben conosce:
"Sento già l'emozione, sarà un salto indietro negli anni. Ricordo l'Avvocato che arrivava in elicottere e non, con Trapattoni, che salivamo a trovarlo in Villa: ricordo la sua competenza e la sua ironia, il suo amore per il calcio per per la Juve. Villar Perosa, per la gente bianconera, non è un paese, ma un pezzo di stroia. Non c'è un minuto delle mie giornate in cui non pensi a come ricambiare tanto affetto. Sapevo di essere nel loro cuore, eppure sono riusciti lo stesso a stupirmi; l'accoglienza che mi hanno riservato è motivo di responsabilità e non solo d'orgoglio."
"Alla Juve vincere non è importante, è l'unica cosa che conta". Disse Boniperti.
"E' uno slogan che mi appartiene, adatto al mio carattere: odio perdere, anche se si tratta di sfide banali o giocose. Al massimo posso concedere che la mia bambina mi batta a carte. Però la vittoria non s'inventa mai: presuppone un progetto, spirito di sacrificio, uomini giusti. Il progetto è davvero intrigante: sappiamo che in ogni fase di construzione s'incontrano difficoltà, ma sappiamo pure che determinazione e voglia possono annullarle, aiutandonci a tornare competitivi. Sono soddisfattissimo. Lo dico con convinzione, dopo più di un mese di lavoro intenso in cui abbiamo imparato a conoscerci sul piano calcistico e umano. Credo che qualsiasi allenatore aspiri a guidare una grande squadra e io ho pensato alla Juve sin dal primo giorno in panchina. Un sogno, certo, però legittimato dai sacrifici e dal lavoro. Quando ho capito che ce l'avevo fatta? Nel momento in cui i dirigenti hanno svelato idee e programmi: collimavano con i miei, era la volta buona."
Quali squadre vede favorire per lo scudetto?
"Milan e Inter hanno grandi chance e l'hanno confermato a Pechino. Dietro vedo il Napoli che lavora da un anno e mezzo con lo stesso tecnico, ha una sua identità e ha innestato giocatori specifici. Bene anche la Lazio. Noi, però, non dobbiamo guardare agli altri. Dobbiamo preoccuparci di avere sempre le bava alla bocca, di sentire una fame tale da non riuscire a dormire se dovesse arrivare una sconfitta, dobbiamo convivere un ogni istante con la voglia di rivalsa: se questo sarà il nostro atteggiamento, saremo sulla buona strada per colmare il gap. Dobbiamo crederci sempre: non possiamo accontentarci di obiettivi minimi. Detto questo, è giusto essere realisti e ricorsare che stiamo tirando, mattone su mattone, una casa che duri nel tempo. Siamo alle fondamenta, un po' di pazienza è necessaria."
Conte poi passa a raccontare come è nato il suo modulo. "Nel 2006-2007, quando fui richiamato all'Arezzo, ereditai una squadra lontanissima dai play-out: addirittura, 13-14 punti di distacco. Sperimentai, allora, per la prima volta, il modulo con due esterni alti, Bondi e Croce, e due attaccanti, Floro Flores e Martinetti: vennero fuori una rimonta straordinaria, sfumata all'ultimo respiro, e un calcio bello, intraprendente e significativo. Ma i numeri sono relativi: si parla di 4-2-4 e va benissimo, ma per per è un 4-4-2 con gli esterni alti. Il mio gioco è sempre propositivo, non amo i lanci lunghi ma l'azione che si sviluppa da dietro. Ed è inevitabile che in fase offensiva, per gli avversari, sfidare quattro attaccanti diventi difficile. Devo dire però che se non ho più abbandonato questo modulo, è anche perché ho trovato calciatori pronti a sposarlo."
Come hai conquistato i giocatori?
"Ho trovato un gruppo disponibilissimo. Io parto dal presupposto che i calciatori ci diano due-tre settimane di tempo e ci "pesino": dobbiamo essere bravi a creare la voglia di seguirci. Sono stato facilitato dalle brutte stagioni precedenti, dai due settimi posti di fila: in situazioni simili, è più semplice aprirsi alle novità per cercare di invertire la rotta. Cerco di fare quello che a me, quando giocavo, dava fastdio. E cerco di essere sempre chiaro e leale:meglio una brutta verità che una bella bugia, la prima può creare grane ma alla lunga paga, la seconda può essere comoda nell'immediato ma con il passare del tempo si rivela un boomerang. Ho portato il mio metodo e il mio metodo è totalizzante: grazie anche alla laurea in scienze motorie, mi piace occuparmi di alimentazioni, prevenzione, preparazione... Sempre però affidandmi a specialisti; collaborati che godono di piena autonomia. Voglio l'alta intensità e i ritmi elevati che si trovano poi nella partita."
Gli esterni sono fondamentiali, ma alla Juve, al momento, non abbandonano...
"C'è una grande sintonia con i dirigenti: sappiamo di cosa ha bisogno la Juve. Preferisco non addentrarmi nelle strategie, ma basta fare due calcoli.... "
Sette attaccanti non sono troppi?
"Il fatto è che gli attaccanti... non sono sette: i calciatori che non rientrano nei piani lo sanno"
Un rinforzo sarà il nuovo stadio?
"E' un impianto bellissimo: la società è avanti, noi dovremo essere all'altezza."
Scudetto 2006: vuoi dirci il tuo pensiero?
Sono perfettamente allineato col presidente, trovo che la strada intrapresa sia giusta. Personalmente credo che gli scudetti si vincano sul campo: per me la Juve ne ha 29. E spero di aggiungerne altri.
L'intervista si conclude con una rapida carrellata dei nuovi acquisti bianconeri. Ecco un primo giudizio di Conte.
"Pirlo? Grande. Persino più di quanto m'aspettassi, un esempio, parte attiva del progetto. Miche è uno tosto, Mirko è geniale. Vidal? Alla prossima intervista, si aggregherà solo a Villar Perosa. Ziegler? Generoso. Ha tanta voglia di apprendere. Lichtsteiner? Svizzero. A tutti gli effetti. Oltre ala precisione, mi ha colpito la fisicità"
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