Buongiorno Marotta, il Milan a Catania e voi in casa con il Napoli: in questo weekend c'è lo snodo del campionato?
«Dalla sua il Milan ha la continuità, ma ha un impegno molto importante con Montella e noi, logicamente, confidiamo sempre su un passo falso per recuperare punti».
Lei ha avuto parecchi presidenti: come giudica De Laurentiis?
«Rappresenta a pieno la napoletanità: grande temperamento e creatività. Lo definirei cinematografico, nel senso che ha portato idee e modi di fare del suo mondo nel nostro. E, visti i risultati, bisogna dargli ragione».
La visione di De Laurentiis orientata allo show-business è la ricetta per salvare il calcio italiano?
«Lui ragiona su logiche molto economiche e poco meritocratiche: per lui, vado a naso, il Chievo non ha ragione di esistere perché non porta ricchezza al sistema. E' una concezione americana e non so se in Italia si può realizzare. Certo, il nostro calcio ha bisogno di riforme e Andrea Agnelli sta lavorando in questa direzione. Siamo per la riduzione a 18 squadre, per esempio».
Che giocatore ruberebbe al Napoli?
«Hanno tanti, ottimi giocatori...».
Bando alla diplomazia: Cavani lì davanti le dispiacerebbe?
«Certamente no...» (sorride)
Il Napoli, che per certi versi ha uno stile di gioco simile alla Juve, soprattutto per il dispendio energico, quest'anno ha sofferto il doppio impegno campionato-Champions. Voi avete già preso delle contromisure?
«Bisogna allenarsi mentalmente a convivere con questa realtà. E' una questione psicofisica e, secondo me, Conte sarà bravo a gestire la situazione. E poi, logicamente, bisognerà mettere a sua disposizione un organico adeguato per operare un turnover senza perdere competitività».
A proposito: non cè il rischio che Conte sprema troppo i giocatori?
«Assolutamente no. Conte li allena, non li logora. L'intensità delle sue sedute di lavoro prepara molto meglio i giocatori allo stress della gara, quello che spesso è alla base degli infortuni».
L'ha visto il nostro gioco di schierare una mista Juve-Napoli per sfidare il Barcellona?
«Sì, divertente e affascinante, forse è una formazione un po' sbilanciata in avanti, ma in fondo è un gioco».
Ma una JuveNapoli contro il Barcellona come la immagina?
«Bene, bene. Ma attenzione che le vittorie sul campo non arrivano solo per la forza dei singoli giocatori che si mettono insieme, ma grazie a modelli di riferimento che le
società creano, ovvero il gruppo dirigente, un bravo allenatore a cui è permesso di portare avanti la sua metodologia. Senza questi presupposti non vinci. Infatti io preferisco partire con la società forte, un bravo allenatore e poi i bravi giocatori forti».
Con il passare delle giornate diventa sempre più difficile dare un rigore alla Juventus? Insomma: chi è l'arbitro che se la sente di essere quello che ha ridato un rigore alla Juve dopo 20 giornate?
«Non lo so, ma voglio chiarire: noi nelle scorse settimane non volevamo mettere le mani avanti per ottenere vantaggi nei match successivi. Volevamo puntualizzare una situazione anomala. Purtroppo c'è la sensazione che qualche volta manchi serenità da parte di chi arbitra la Juve: le scorie di Calciopoli sono ancora lì».
Pensa che i media siano contro la Juve?
«Casi isolati, non vedo complotti mediatici».
I tifosi ne vedono parecchi...
«Se è per questo anche quelli di Milan e Inter. Fa giustamente parte dell'essere tifoso».
Buffon va in scadenza nel 2013...
«Gigi può stare alla Juve quanto vuole, incarna un forte sentimento di juventinità e non ci sono ostacoli. Lui sa che la società lo stima e basta uno sguardo. Al momento
opportuno ci siederemo intorno a un tavolo per firmare».
Sarà un problema di soldi?
«Non credo proprio».
Vi aspettate da Buffon un video in cui annuncia la firma in bianco?
«Sa che non è necessario nemmeno parlarci...».
Con Del Piero cosa succederà?
«Se ne è discusso fin troppo. E mi pare che quello che ha detto Agnelli sia chiaro ed esplicito...».
Un giocatore come Tevez, prendiamolo come esempio di grandissimo acquisto, ha un costo complessivo di 100 milioni. Domanda brutale: ve lo potete permettere?
«Il sistema calcio Italia, alla luce della crisi generale, non è in grado di portare nel nostro campionato un giocatore che costa 30/40 milioni di cartellino e ha un ingaggio di 7/8. Nessun club può sostenere una spesa del genere».
Vero, certo che se ci fosse un Tevez lì davanti, lo scudetto probabilmente l'avreste già vinto o quasi. Il Milan può contare su Ibra.
«Ma il Milan colse un'occasione particolare, con Ibra che era entrato in conflitto con il Barcellona. E lo ha ingaggiato attraverso la formula del prestito. Ecco, quella è stata un'operazione di grande abilità: se capitasse a noi un'occasione di questo genere non la lasceremmo sfuggire».
Tevez potrebbe essere una situazione del genere?
«Può darsi... E' una situazione complessa, noi siamo attenti. Prima di tutto bisogna capire qual è il parere di Conte, perché anche un campione deve inserirsi nella tipologia del suo gioco e possedere certe caratteristiche umane».
Per evitare delusioni è meglio volare basso quando si immagina il prossimo mercato?
«Assolutamente no. Volare bassi, no. Partiamo dal presupposto che possiamo e dobbiamo migliorarci ancora e lo faremo in ogni reparto con almeno un innesto».
Vuole dire che la speranza di arrivare a un fenomeno rimane?
«Tutto può tramutarsi in realtà. Noi oggi pensiamo in grande e l'obiettivo che ci porremo sarà importante. Ma un conto è pensare in grande, un altro è promettere. L'unica promessa che posso fare adesso è che ci miglioreremo di sicuro e lo faremo in ogni reparto».
Teme che Silvio Berlusconi, tornato alla guida del Milan, abbia in testa di realizzare un colpo a effetto?
«No, credo che il contenimento dei costi sia anche la loro logica economica».
A proposito di logica economica: 31 milioni per Lavezzi sono esagerati?
«E' la sua clausola, quindi è il suo prezzo. Anche perché a compratori russi o inglesi si possono chiedere quelle cifre».
E voi? Non si adatterebbe benissimo al modulo Conte?
«E' prematuro focalizzare l'attenzione su un nome specifico. Noi abbiamo dei profili di giocatori che possono essere utilizzati nel modulo di Conte, ma è presto per parlarne».
Come funziona la macchina del mercato Juve?
«L'anno scorso e quello prima, nei quali dovevamo ricostruire l'organico e quindi chiudere parecchi acquisti, procedevamo in modo molto analitico. Paratici aveva costruito dei campetti, che sono un mio vecchio metodo, in cui ci sono i giocatori sul mercato ruolo per ruolo. Per esempio: nella casella del terzino sinistro ci sono i sei/sette nomi, dal più forte in giù e così diventa più facile valutare come agire. Quest'anno sarà diverso perché confermeremo l'80% della rosa e gli acquisti saranno più mirati. Dalla quantità si è passati alla qualità: ora è il momento della perfezione. Non abbiamo bisogno di elenchi».
Quanto incide Conte nelle scelte?
«Tanto. Ma spieghiamoci una volta per tutte: non esiste Conte da una parte e la società dall'altra. Noi non facciamo nulla senza l'imprimatur dell'allenatore, come d'altronde nessun grande club. A volte il tecnico segnala dei nomi perché li conosce, altre volte fornisce dei profili. Poi la società deve fare le valutazioni sul prezzo e non solo...».
In che senso?
«Sincerità? Ecco... Noi abbiamo un gruppo sano, non ci sono teste matte, neppure una. Per cui bisogna sempre andare a conoscere bene la persona, per evitare brutte sorprese. Noi siamo orgogliosi del nostro modello di riferimento che consta in una società con le idee chiare sul mercato e di un tecnico vincente che riesce a valorizzare al massimo le risorse attraverso una metodologia e una precisa cultura del lavoro. Oggi abbiamo un gruppo che segue ciecamente quello che l'allenatore dice o vuole, che significa farsi un mazzo così e allenarsi in maniera costante. Se c'è qualcuno che non si applica, rischia di non inserirsi. E poi: se sbagli il giocatore da 5 milioni puoi fartene una ragione, se sbagli Tevez che te ne costa 100 sei morto! Bisogna stare molto attenti».
Arriveranno giocatori dal nome magari non altisonante però funzionali al gioco di Conte. Sbagliamo con una sintesi di questo tipo?
«No, il ragionamento più o meno è quello. E resta l'obiettivo di migliorarci in ogni reparto».
Altra sintesi: la grande stella della Juventus, alla fine, è Antonio Conte...
«Beh, lui ha saputo conquistarsi i tifosi con grande carisma».
C'è il rischio di perderlo? Sa il Tottenham...
«Non penso proprio. Vale il discorso di Buffon».
Se lui chiede delle garanzie tecniche per la Champions?
«C'è un piano industriale che tiene conto del fatto che la Juventus deve resistere ad alto livello in tutte le competizioni. Io sono convinto che per vincere non sia indispensabile il solista, ma la coralità. E sotto questo aspetto noi siamo avviati molto bene perché Conte ha modellato un sistema di calcio che è più orientato alla coralità che al singolo».
Quanto è ancora distante il Milan?
«Quest'anno abbiamo compiuto dei passi da gigante. Quello che i rossoneri hanno in più è un gruppo di giocatori di grande esperienza, che ha vinto molto. Hanno quella sicurezza, quel tipo di arroganza che deriva dal fatto di essere temuti dagli avversari. Il Milan oggi è più temuto di noi e noi dobbiamo arrivare a essere temuti come il Milan».
Restando al Milan: San Siro va verso il manto in sintetico. E un'opzione anche per lo Stadium?
«Per tipologie di strutture come San Siro o come la nostra bisogna pensare a qualcosa che dia garanzie assolute. All'orizzonte noi possiamo avere qualche piccolo problema e abbiamo già fatto qualche rizollatura. Siamo sul pezzo e studiamo tutte le ipotesi, anche quella del sintetico».
Dietro il Milan ci siete subito voi o anche il Napoli?
«Il Napoli conta su un gruppo che lavora insieme da tre anni, ma il nostro non ha nulla da invidiare a parte questo».
I vostri osservatori sono spesso in Sud America, alla fine però non chiudete grandi operazioni.
«Domanda: chi è quel giocatore sudamericano che negli ultimi cinque anni è riuscito a imporsi in uno dei primi quattro club italiani? Sono pochissimi gli esempi... Noi in Sud
America ci siamo e teniamo d'occhio molti talenti. Però non siamo nelle condizioni di fare una scommessa su un campioncino da 15 milioni. Quando avremmo completato tutta la rosa potremmo anche fare dei ragionamenti del genere».
Il vice-Pirlo è un dilemma che vi rode?
«Sì e siamo giunti a una conclusione condivisa da tutti: non esiste un vice Pirlo, perché Pirlo è Pirlo, unico nel suo genere. Quindi dovremmo cercare di rafforzare il centrocampo in generale, senza l'ossessione di trovare un altro Pirlo».
Immobile: lo vedremo a breve su questi schermi?
«Lo vedremo, ma non lanno prossimo. Deve farsi le ossa in provincia, è meglio anche per lui».
Felipe Melo si riuscirà a vendere?
«Certamente sì».
Cosa è successo a Krasic?
«Krasic è un ottimo giocatore, diciamo che non è congeniale al tipo di gioco di Conte. Questo può aver innescato un'involuzione psicologica, ma le qualità rimangono: deve solo rilanciarsi».
Dopo quasi due anni in bianconero, si sente juventino?
«Sono un professionista ed è chiaro che tutte le mie energie sono sempre per il mio club. Certo, la Juventus ha un fascino particolare e devo confessare di essere molto orgoglioso di essere qui e mi piacerebbe restarci a vita».
Fonte: Tuttosport (articolo a firma di Oreggia-Vaciago)
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